di Avv. Gianluigi Delle Cave, Ph.d.
Il concetto di servizio idrico integrato (“SII”) può essere fatto risalire alla c.d. “legge Galli” (legge 5 gennaio 1994, n. 36). Detta legge descrive il SII, all’art. 4, come “l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque”, che rientra nelle funzioni dei Comuni all’interno di “ambiti territoriali ottimali” (c.d. “ATO”), individuati in base al bacino idrico e alla dimensione gestionale, in vista dell’obiettivo del superamento del frazionamento territoriale, gestionale e funzionale.
Al fine di attuare una razionalizzazione e una gestione unitaria della risorsa idrica, la medesima legge, agli artt. 8 e 9, ha stabilito che le Regioni provvedessero alla delimitazione degli ATO, disciplinando le forme e i modi di cooperazione tra gli enti locali ricadenti nello stesso ambito, a pena dell’esercizio dei poteri sostitutivi da parte dello Stato nei confronti delle Regioni e da parte delle Regioni nei confronti degli enti locali inadempienti.
La legge Galli, peraltro, ha cristallizzato i tre capisaldi della gestione del SII (validi ancora oggi), ossia: (a) la riorganizzazione per ambiti territoriali ottimali per superare la frammentazione della gestione; (b) l’obbligo, nella gestione del servizio, del raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario, scegliendo una forma di gestione adeguata rispetto a una gestione e sviluppo industriale del SII; (c) la possibilità – anche a regime e nell’ambito di una organizzazione unitaria – di poter continuare ad avere più soggetti gestori in un unico ambito, coordinati e integrati tra loro.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006 (“Codice dell’Ambiente”), è stato, di fatto, confermato l’impianto della legge Galli e ciò attraverso: (i) l’affermazione dell’obbligo del trasferimento delle infrastrutture idriche al gestore del servizio idrico previsto dall’art. 153, comma 1, il quale prescrive che “le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’articolo 143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”; (ii) il rafforzamento dell’intento di superare le frammentazioni esistenti in materia di gestione del servizio idrico attraverso l’attribuzione ad un unico Ente, ovvero l’Autorità d’ambito, dell’esercizio delle funzioni in materia di servizio idrico integrato.
Con l’art. 7, comma 1, lettera f), della legge 11 novembre 2014, n. 164 (di conversione del d.l. 12 settembre 2014, n. 133 c.d. “Sblocca Italia”), in considerazione della perdurante situazione di frammentarietà della gestione del servizio idrico integrato sul territorio nazionale, mediante l’introduzione di termini più stringenti relativamente agli adempimenti riguardanti la concessione d’uso gratuito delle infrastrutture idriche, è stato modificato il richiamato art. 153 del d.lgs. n. 152/2006, nel senso di seguito riportato: “gli enti locali proprietari provvedono in tal senso entro il termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, salvo eventuali quote residue di ammortamento relative anche ad interventi di manutenzione. Nelle ipotesi di cui all’articolo 172, comma 1, gli enti locali provvedono alla data di decorrenza dell’affidamento del servizio idrico integrato. Qualora gli enti locali non provvedano entro i termini prescritti, si applica quanto previsto dal comma 4, dell’articolo 172. La violazione della presente disposizione comporta responsabilità erariale”.
Risulta, dunque, evidente l’obbligo ex lege dei Comuni interessati di affidare le infrastrutture idriche al gestore del servizio idrico integrato, dal momento che il mancato trasferimento delle infrastrutture al gestore d’ambito equivale, concretamente, alla mancata adesione all’Autorità d’ambito; pertanto, è possibile, da parte dell’Amministrazione regionale, esercitare i poteri sostitutivi ai sensi dell’art. 172, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, al fine di perseguire l’obiettivo di realizzare l’unitarietà della gestione del servizio.
Va, poi, evidenziato come l’art. 147, comma 2 bis, del d.lgs. n. 152/2006 consente, solo in casi eccezionali, a singoli Comuni la gestione in forma autonoma del SII; si tratta di norma derogatoria ed eccezionale, che deve essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l’effetto di vanificare il principio dell’unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa. Non a caso il comma 2 ter dell’art. 147 del Codice dell’Ambiente stabilisce che entro il 01 luglio 2022, le gestioni del servizio idrico in forma autonoma per le quali l’ente di governo dell’ambito “non si sia ancora espresso sulla ricorrenza dei requisiti per la salvaguardia di cui al comma 2 bis, lettera b), confluiscono nella gestione unica individuata dal medesimo ente. Entro il 30 settembre 2022, l’ente di governo dell’ambito provvede ad affidare al gestore unico tutte le gestioni non fatte salve ai sensi del citato comma 2 bis” (il legislatore si è chiaramente orientato per la gestione unica del servizio in forma autonoma). La norma, in sostanza, prevede l’applicazione della disciplina specifica – ossia l’affidamento ad un gestore unico di tutte le gestioni non fatte salve ai sensi del comma 2 bis – a tutte le gestioni del servizio idrico per le quali, alla data del 01 luglio 2022, l’ente di governo d’ambito non si sia ancora espresso positivamente riconoscendo la ricorrenza dei requisiti per la salvaguardia della gestione autonoma. Sul punto, la giurisprudenza – pressoché unanime – ha al riguardo già chiarito, con riferimento al tenore del comma 2 bis dell’art.147 cit., espressamente richiamato dal successivo comma 2 ter, che il legislatore “consentiva solo in casi eccezionali a singoli Comuni la gestione in forma autonoma del SII” (Cons. Stato, n. 5237/2020). Ed invero, ai sensi del citato art. 147 [comma 2, lettera b)], l’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato deve tendere al progressivo “superamento della frammentazione delle gestioni esistenti” (TAR Bologna, n. 650/2022; ove per “gestioni esistenti” devono intendersi solo le gestioni formalmente riconosciute dall’Ente di governo di ambito, ai sensi del Codice dell’Ambiente); ciò anche ai fini di un utilizzo efficiente della risorsa idrica stessa (accertamento che non deve essere generico, ma parametrato e accertato; cfr. Cons. Stato, n. 5237/2020).
Muovendo al recente d.lgs. 23 dicembre 2022, n. 201 recante “Riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”), l’art. 33 del d.lgs. cit. dedica due commi al SII: il comma 1 e il comma 3. Più nel dettaglio:
– il comma 1 [“ai fini della piena attuazione degli impegni contenuti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’articolo 6, comma 2, non si applica alle partecipazioni degli enti di Governo dell’ambito del servizio idrico integrato di cui all’articolo 147, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (…) in relazione agli affidamenti in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto”] consente, in sostanza, agli enti di governo di ambito che siano attualmente soci di società di gestione di rimanerci, in deroga al principio di cui all’art. 6 cit. (ossia separazione tra funzioni di regolazione e di gestione);
– il comma 3 [“Fermo restando quanto previsto dall’articolo 147, comma 2-ter, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la gestione in economia o mediante aziende speciali, consentita nei casi di cui all’articolo 14, comma 1, lettera d), è altresì ammessa in relazione alle gestioni in forma autonoma del servizio idrico integrato di cui all’articolo 147, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, conformi alla normativa vigente”] ribadisce la vigenza dell’art. 147, comma 2 ter sopra cit., confermando il principio generale che la gestione per ambito territoriale ottimale deve essere unica. La disposizione in esame, anche con riferimento alle gestioni autonome, prevede poi anche la forma “in economia” e “azienda speciale”, così consentendo il legislatore – per un servizio di interesse economico a rete – l’utilizzo di formule che, per regole generali, non sarebbero utilizzabili per il SII.
Il d.lgs. n. 201/2022, quanto al SII, si limita a confermare, quindi, quello che era (ed è) l’assetto normativo stabilito nel Codice dell’Ambiente (tutt’altro che pacifico), rimarcando, di fatto, quell’area di principi generali già dettati della legge Galli; principi che costituiscono norme di vertice sull’organizzazione e gestione del SII. L’art. 33 cit., da tale angolo visuale, ha il pregio di aver confermato pure un aspetto fondamentale della gestione in esame, ossia che dal 01 luglio 2022 le Autorità di ambito non possono autorizzare gestioni autonome e quelle non riconosciute devono essere integrate nella gestione unica d’ambito.